Sunday, January 14, 2018

Il valore perduto della competenza

estratto di una conferenza all'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna
Video della conferenza.


“L’opinione espressa da chi ha competenza in un certo campo, quando essa è stata acquisita con decenni di studi ed esperienza, ha più valore e pesa di più di quella di altri che in quel campo non ne hanno”. Questa affermazione, sebbene ovvia da sfiorare il Lapalissiano, è sempre più controversa nel pubblico dibattito, viene presa di mira e talvolta denigrata con ostentato orgoglio. Nell’attacco che le viene rivolto le opinioni degli esperti sono descritte come meri appelli al principio di autorità, le loro posizioni come forme di elitismo, il loro atteggiamento come irrispettoso delle idee altrui. In sintesi l’accusa che viene mossa è che quell’affermazione è contraria al dialogo democratico.

Questo attacco alla scienza dall’esterno non è nuovo, tanto quanto l’insofferenza del pubblico verso i risultati scientifici. Di recente tuttavia esso ha cambiato dimensioni nutrendosi e amplificandosi grazie al mezzo in cui l’informazione si propaga cioè Internet. All’interno di questa piazza virtuale si trova di tutto, dalle nozioni scientifiche più raffinate alle teorie cospirazionali più strampalate, ma il luogo sembra non favorire né riflessione né confronto.

Studi recenti hanno mostrato che in rete si è animati solo dal pregiudizio di conferma delle proprie convinzioni pregresse e che ci si chiude nelle proprie cerchie come in camere di risonanza polarizzate che comunicano pochissimo. In quei rari casi in cui ha luogo, lo scambio di opinioni è teso e intriso di emozioni negative. Per usare una metafora calcistica l’intero fenomeno è simile al peggior tifo da stadio.

Si assiste quindi al proliferare di tutta una serie di bufale complottiste di diversa natura e grado. Tra le più incredibili c’è la rediviva credenza che la terra sia piatta, la teoria delle scie chimiche e tante altre. Limitandosi a considerare casi simili si potrebbe essere tentati di pensare che la reazione migliore sia un’alzata di spalle. Ma non è cosi. La diffusione della disinformazione è una minaccia alla cultura scientifica e la scienza non è solo potere e ricchezza essa è benessere e salute, talvolta fa direttamente la differenza tra la vita e la morte. Lo si capisce dagli eventi che ruotano intorno alla polemica sui vaccini e alla (falsa!) correlazione tra essi e l’autismo o altre patologie.  Questa e altre tesi strampalate non hanno trovato prove scientifiche a loro supporto. Il concetto di prova scientifica è quindi cruciale in questa discussione. Cos’è dunque una prova scientifica? La risposta varia a seconda di quale campo scientifico si considera. In matematica per esempio una prova è un teorema, cioè una conclusione ottenuta con regole logiche che segue da altri teoremi o da assiomi. In fisica è la verifica sperimentale di una legge espressa in termini matematici. Più in generale, per meritare questo nome, una prova deve essere ben documentata, pubblicata su riviste specialistiche con referaggio, raccogliere il consenso della comunità di studiosi, e utilizzare il metodo scientifico coi suoi criteri di riproducibilità.
Personalmente mi occupo di questioni fisico-matematiche e se ho dei dubbi su altri campi cerco informazioni presso quegli studiosi con esperienza e prestigio perché non possiedo le competenze per studiare la letteratura scientifica all’origine, cosa che richiederebbe decenni di studi dedicati. Il passaggio di informazione tra campi diversi opera quindi in due passi: la consapevolezza della complessità della questione e dei propri limiti, il riconoscimento della competenza a studiosi che si sono distinti nel loro campo utilizzando il metodo scientifico.

Uno dei principali difetti della rete, un effetto collaterale ai suoi tanti pregi, è quello di avere contribuito a generare la perdita di consapevolezza che la competenza è un bene raro e di grandissimo valore, e come tale va rispettata, coltivata e difesa.

Cosa fare dunque verso quei casi in cui la disinformazione mina la salute pubblica? La questione è complessa. Sembra difficile pensare di oscurare selettivamente la rete se non altro perché la censura rischia di essere controproducente e fortemente polarizzante. Invece che immaginare un fact-checking a tappeto conviene agire sul fruitore di notizie più che sulle notizie stesse o su chi le ha prodotte. L’informazione scientifica va trattata con lo stesso rispetto e attenzione con cui trattiamo l’acqua potabile perché come quella è essenziale alla nostra sopravvivenza. Non possiamo pretendere che tutta l’acqua intorno a noi sia potabile, conviene invece identificare alcune fonti sicure e facilmente accessibili. Una possibile soluzione va quindi cercata nella difesa e rafforzamento dell’istruzione scientifica pubblica oltre che nel miglioramento della comunicazione scientifica da parte degli addetti ai lavori.

Di recente alcuni studiosi, messi sotto accusa per rifiutare dibattiti pubblici alla pari coi non esperti, si sono espressi con la frase iperbolica “La scienza non è democratica” che ha generato reazioni diverse. Premesso che chi scrive è in completo accordo con il loro diniego, vanno fatte alcune precisazioni. Anzitutto la vulgata che Democrazia significhi “uno vale uno” sempre e comunque è una delle peggiori bufale in circolazione da sempre. Basta leggere il Discorso agli Ateniesi che Tucidide ci riporta di Pericle: “per quanto riguarda le leggi per dirimere le controversie private, è presente per tutti lo stesso trattamento; per quanto poi riguarda la dignità, ciascuno viene preferito per le cariche pubbliche a seconda del campo in cui sia stimato, non tanto per appartenenza ad un ceto sociale, quanto per valore”. Il rispetto per la competenza quindi è chiaramente affermato e le pubbliche responsabilità sono assegnate secondo i meriti.
Secondariamente la scienza e la ricerca scientifica sono strutturalmente democratiche. Al loro interno il principio di autorità viene costantemente sfidato e messo nel banco degli imputati al fine di perfezionare la conoscenza. Il passo avanti può essere fatto da chiunque, non serve essere ricco, famoso, potente, o avere conoscenze altolocate: si presentano nuove evidenze sperimentali o nuovi paradigmi concettuali e se si supera il test di attendibilità questi divengono un nuovo contributo scientifico, piccolo o grande che sia. È così che la teoria gravitazionale di Einstein ha migliorato quella di Newton, che le nuove terapie per il trattamento dei tumori risultano più efficaci di quelle di un decennio fa, che l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando l’intero panorama tecnologico moderno.

Infine è bene rimarcare che dietro alle controversie a cui abbiamo brevemente accennato si agita uno spauracchio allarmante alimentato da una visione aberrante della Democrazia: l’idea di dirimere questioni scientifiche complesse ricorrendo al voto referendario. Quello è lo scenario futuro più terribile che la deriva populista potrebbe generare.

Pierluigi Contucci

Dipartimento di Matematica, Università di Bologna