Tracciamento elettronico e ideologia
Siccome i positivi al Covid non sono fluorescenti e siccome non possiamo testare tutta la popolazione ripetutamente serve tracciare i contagi. Il tracciamento può essere automatico o manuale e il primo non rimpiazza ma affianca il secondo che consiste in interviste ai positivi e ai sintomatici e alla ricostruzione dei loro contatti negli ultimi giorni seguite da altre telefonate e test a questi e cosi via. E’ facile capire che la modalità manuale ha un costo molto alto in termini di risorse umane e funziona nella fasi iniziali con piccole densità. Il tracciamento automatico di cui vogliamo parlare in questa sede ha le virtù di velocità e costi contenuti ma ad esso sono subito state mosse obiezioni di natura etica e della privacy mentre, stranamente, le stesse non vengono quasi mai menzionate per quello manuale che è molto più invasivo.
Ma andiamo per ordine. Cosa si intende anzitutto per tracciamento automatico? Questo, chiamato anche elettronico o digitale, è una vasta classe di metodi che utilizzano informazioni di localizzazione e prossimità fisica ottenute per ora attraverso il cellulare ma che potrebbero essere facilmente estese ad altri strumenti indossabili a basso costo, quali i braccialetti per il fitness o simili. Quali informazioni potrebbero risultare utili al tracciamento e perché? Anzitutto il tracciamento vuole ottenere una stima della probabilità che un individuo sia positivo al Covid, una mappa cioè del rischio individuale di positività che condurrebbe a un test di accertamento con tanta più urgenza e priorità quanto questa probabilità risulti elevata. E’ chiaro quindi che la conoscenza dei luoghi frequentati sarebbe preziosissima quale quella che si ottiene non solo dalla location satellitare ma da quella del collegamento al wifi, quella per uso di carta di credito o per uso di pagamento col telefono, per uso di mezzi pubblici con pagamento elettronico etc. Ovviamente c’è l'informazione di prossimità tra individui che è possibile ottenere con il segnale bluetooth del cellulare o, in modo più preciso, da altri dispositivi indossabili.
Ha preso piede tuttavia una forte corrente di pensiero che sta premendo per l’utilizzo del solo segnale bluetooth e per un database decentralizzato (in parole povere che rimane nel telefono di ciascuno senza essere fuso in un unico grande database centrale). Le motivazioni addotte sono quelle della privacy e del rischio di hackeraggio che tuttavia andrebbero ponderate con attenzione in relazione alla gravità della situazione attuale. Questa corrente invece, duole dirlo, sembra mossa da posizioni ideologiche estreme sulla difesa della privacy e non considera neppure le possibilità offerte dal GDPR, la severa regolamentazione europea sul trattamento dei dati a cui l’Italia aderisce, che prevede ampi margini di manovra in caso di pericolo della salute pubblica come l’attuale. Questa corrente di pensiero non ammette dissonanze: o si è d’accordo o si deve tacere, pena la scomunica.
Per chi vuole rischiarla, la scomunica, vale considerare che se si andasse invece ad utilizzare l’intera gamma di dati sopra citati e si formasse un database nazionale, ovviamente anonimizzato, criptato e periodicamente cancellato dopo un massimo di tre settimane dall’acquisizione, le possibilità di stimare con precisione il rischio di positività sarebbero di gran lunga superiori e anche la soglia minima di download potrebbe essere ridotta di molto rispetto a quella ritenuta efficiente col puro metodo bluetooth che risulta essere enorme, il 60% della popolazione. La maggior efficienza di questa soluzione è dovuta alla possibilità di utilizzare quegli algoritmi per l’identificazione del rischio che costituiscono l’ossatura dei metodi di intelligenza artificiale e machine learning che valutano (per gli addetti ai lavori) le cosiddette marginali nel grafo delle interazioni. Ovviamente quei metodi abbisognano di grandi quantità di dati, anzi sono esclusivi dell'ambiente dei big data.
Ma questa ossessione della privacy è un fatto della popolazione italiana o è piuttosto uno di quei vezzi intellettuali che diventano “il verbo” nei circoli opportuni? La risposta, non sorprendente, è fornita da un recente sondaggio di SWG che ha mostrato che le preoccupazioni derivanti dal lockdown, non solo per la salute fisica e mentale ma anche per le condizione economiche e finanziarie, sono così alte che gli italiani sarebbero disposti, in marcata maggioranza, a rinunciare alle usuali garanzie di privacy pur di tornare alla normalità.
Nel paese e nel resto del mondo sono partite diverse iniziative per progettare le App di tracciamento. Una notizia di grande rilievo è però quella dell’accordo tra Google ed Apple per fornire la tecnologia a disposizione del loro sviluppo. Questo evento merita un piccolo approfondimento. Anzitutto che l’accordo su una tecnologia di questa rilevanza sia di dominio pubblico mostra che la posta in gioco è talmente rilevante che non è stato possibile ai due giganti spartirsi la torta con taciti accordi come probabilmente avviene su questioni minori. Va tenuto presente che entrambe le multinazionali hanno tentato diverse volte negli ultimi venti anni di entrare nel business della salute senza mai riuscirci non tanto per questioni etiche ma più probabilmente perché il governo federale degli Stati Uniti era giustamente preoccupato per l’enorme potere strategico che deriverebbe ai proprietari di un database cosi prezioso. Ma il Covid ha rotto gli equilibri e l’accordo tra Google e Apple si è immediatamente posizionato su un terreno sicuro e promettente: costoro non faranno le App da scaricare sui telefonini ma forniranno agli sviluppatori i mattoncini per costruirle. La parte quindi che compete loro sarà solo di supporto alla notifica sulla vicinanza dei soggetti e non di tracciamento dei contatti e il loro operato sarà irreprensibile da ogni punto di vista. Tutto il patos su etica etc. viene quindi spostato sulla responsabilità dello sviluppatore e del paese che adotta questa o quella App. Al tempo stesso il campo in cui si gioca, i due sistemi operativi iOS e Android, collezionano dati nel nostro lato del mondo in server di loro proprietà o controllo. Quella massa di informazioni socio-sanitarie ha un valore inestimabile. Tutte criptate ben inteso, senza i nostri nomi e cognomi, ma con le quali avranno modo di profilarci dal punto di vista economico-finanziario vendendo spazi pubblicitari ritagliati ad personam-digitalis e non a cittadino. Per non parlare del valore strategico che quelle informazioni potrebbero avere in campo politico.
In questa circostanza non sarebbe il caso che il paese Italia e il continente Europa cominciassero a porsi il problema di un nuovo sistema operativo e di sistemi di server che siano sotto il proprio controllo territoriale e politico? A questo potrebbe seguire una distribuzione della ricchezza di informazioni al suo interno invece che farla drenare verso gli Stati Uniti o altrove. Questa Europa in preda alle convulsioni farebbe bene ad orientarsi immediatamente verso una iniziativa comune da propagare a tutti gli stati. Essa, e il nostro paese, ha tutte le competenze per affrontare l’emergenza ma la cosa più difficile sembra essere, come sempre, quella di metterle insieme.
Infine una considerazione che purtroppo finirà inascoltata, specialmente in un paese come il nostro dove i costi delle opere pubbliche sono sempre visti come un peso e quasi mai come un risparmio conseguente a un buon investimento. I sistemi software, e tra essi quindi il tracciamento elettronico, sono percepiti come cose a costo zero. Per fare un esempio ci sembra che google maps sia a costo zero, che la messaggistica social sia costo zero, etc. In realtà sappiamo bene che questi sistemi hanno costi molto elevati per le aziende che li progettano e mantengono che solo i ritorni sulla pubblicità riescono a coprire. Ebbene: togliamoci subito dalla testa che l’App di tracciamento possa essere fatta a costo zero perché quella non potrà scaricare i costi su pubblicità o vendite. Costerà cara questa App? Per essere funzionante, efficiente e mantenuta tale potrebbe costare molto, così come molto caro potrebbe essere un sistema centralizzato di estrazione dati per il monitoraggio dell’epidemia. Ma di nuovo: tutti costi questi sicuramente inferiori a quelli di una economia messa in ginocchio dal protrarsi del lockdown. Impariamo quindi a distinguere tra un costo e un investimento se vogliamo salvarci. Questo significa anche che la App dovrà essere accompagnata da opportuni incentivi che il governo dovrà studiare con cura: noi facciamo il download del sistema di navigazione gratuito di Google perché ci è utile subito. Non possiamo contare solo sulla responsabilità del cittadino per il download della App di tracciamento, sarebbe un modo per garantirne il fallimento.
Pierluigi Contucci, 2 maggio 2020, per Lettera 150