Il valore perduto della competenza
estratto di una conferenza all'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna
Video della conferenza.
“L’opinione espressa da chi ha competenza in un
certo campo, quando essa è stata acquisita con decenni di studi ed esperienza,
ha più valore e pesa di più di quella di altri che in quel campo non ne hanno”.
Questa affermazione, sebbene ovvia da sfiorare il Lapalissiano, è sempre più
controversa nel pubblico dibattito, viene presa di mira e talvolta denigrata
con ostentato orgoglio. Nell’attacco che le viene rivolto le opinioni degli
esperti sono descritte come meri appelli al principio di autorità, le loro posizioni
come forme di elitismo, il loro atteggiamento come irrispettoso delle idee
altrui. In sintesi l’accusa che viene mossa è che quell’affermazione è
contraria al dialogo democratico.
Questo attacco alla scienza dall’esterno non è
nuovo, tanto quanto l’insofferenza del pubblico verso i risultati scientifici.
Di recente tuttavia esso ha cambiato dimensioni nutrendosi e amplificandosi
grazie al mezzo in cui l’informazione si propaga cioè Internet. All’interno di
questa piazza virtuale si trova di tutto, dalle nozioni scientifiche più
raffinate alle teorie cospirazionali più strampalate, ma il luogo sembra non
favorire né riflessione né confronto.
Studi
recenti hanno mostrato che in rete si è animati solo dal
pregiudizio di conferma delle proprie convinzioni pregresse e che ci si chiude
nelle proprie cerchie come in camere di risonanza polarizzate che comunicano
pochissimo. In quei rari casi in cui ha luogo, lo scambio di opinioni è teso e
intriso di emozioni
negative. Per usare una metafora calcistica l’intero
fenomeno è simile al peggior tifo da stadio.
Si assiste quindi al proliferare di tutta una
serie di bufale complottiste di diversa natura e grado. Tra le più incredibili
c’è la rediviva credenza che la terra sia piatta, la teoria delle scie chimiche
e tante altre. Limitandosi a considerare casi simili si potrebbe essere tentati
di pensare che la reazione migliore sia un’alzata di spalle. Ma non è cosi. La
diffusione della disinformazione è una minaccia alla cultura scientifica e la
scienza non è solo potere e ricchezza essa è benessere e salute, talvolta fa
direttamente la differenza tra la vita e la morte. Lo si capisce dagli eventi
che ruotano intorno alla polemica sui vaccini e alla (falsa!) correlazione tra
essi e l’autismo o altre patologie. Questa e altre tesi strampalate non hanno
trovato prove scientifiche a loro supporto. Il concetto di prova scientifica è
quindi cruciale in questa discussione. Cos’è dunque una prova scientifica? La
risposta varia a seconda di quale campo scientifico si considera. In matematica
per esempio una prova è un teorema, cioè una conclusione ottenuta con regole
logiche che segue da altri teoremi o da assiomi. In fisica è la verifica
sperimentale di una legge espressa in termini matematici. Più in generale, per meritare questo
nome, una prova deve essere ben documentata, pubblicata su riviste specialistiche
con referaggio, raccogliere il consenso della comunità di studiosi, e
utilizzare il metodo scientifico coi suoi criteri di riproducibilità.
Personalmente mi occupo di questioni
fisico-matematiche e se ho dei dubbi su altri campi cerco informazioni presso
quegli studiosi con esperienza e prestigio perché non possiedo le competenze
per studiare la letteratura scientifica all’origine, cosa che richiederebbe decenni
di studi dedicati. Il passaggio di
informazione tra campi diversi opera quindi in due passi: la consapevolezza
della complessità della questione e dei propri limiti, il riconoscimento della
competenza a studiosi che si sono distinti nel loro campo utilizzando il metodo
scientifico.
Uno dei principali difetti della rete, un effetto collaterale ai suoi tanti
pregi, è quello di avere contribuito a generare la perdita di consapevolezza
che la competenza è un bene raro e di grandissimo valore, e come tale va
rispettata, coltivata e difesa.
Cosa fare dunque verso quei casi in cui la disinformazione
mina la salute pubblica? La questione è complessa. Sembra difficile pensare di
oscurare selettivamente la rete se non altro perché la censura rischia di
essere controproducente e fortemente polarizzante. Invece che immaginare un fact-checking
a tappeto conviene agire sul fruitore di notizie più che sulle notizie stesse o
su chi le ha prodotte. L’informazione scientifica va trattata con lo stesso
rispetto e attenzione con cui trattiamo l’acqua potabile perché come quella è
essenziale alla nostra sopravvivenza. Non possiamo pretendere che tutta l’acqua
intorno a noi sia potabile, conviene invece identificare alcune fonti sicure e
facilmente accessibili. Una possibile soluzione va quindi cercata nella difesa
e rafforzamento dell’istruzione scientifica pubblica oltre che nel
miglioramento della comunicazione scientifica da parte degli addetti ai lavori.
Di recente alcuni studiosi, messi sotto accusa
per rifiutare dibattiti pubblici alla pari coi non esperti, si sono espressi
con la frase iperbolica “La
scienza non è democratica” che ha generato reazioni
diverse. Premesso che chi scrive è in completo accordo con il loro diniego, vanno
fatte alcune precisazioni. Anzitutto la vulgata che Democrazia significhi “uno
vale uno” sempre e comunque è una delle peggiori bufale in circolazione da
sempre. Basta leggere il Discorso agli Ateniesi che Tucidide ci riporta di
Pericle: “per quanto riguarda le leggi per dirimere le controversie private,
è presente per tutti lo stesso trattamento; per quanto poi riguarda la dignità,
ciascuno viene preferito per le cariche pubbliche a seconda del campo in cui
sia stimato, non tanto per appartenenza ad un ceto sociale, quanto per valore”.
Il rispetto per la competenza quindi è chiaramente affermato e le pubbliche
responsabilità sono assegnate secondo i meriti.
Secondariamente la scienza e la ricerca
scientifica sono strutturalmente democratiche. Al loro interno il principio di
autorità viene costantemente sfidato e messo nel banco degli imputati al fine
di perfezionare la conoscenza. Il passo avanti può essere fatto da chiunque,
non serve essere ricco, famoso, potente, o avere conoscenze altolocate: si presentano
nuove evidenze sperimentali o nuovi paradigmi concettuali e se si supera il
test di attendibilità questi divengono un nuovo contributo scientifico, piccolo
o grande che sia. È così che la teoria gravitazionale di Einstein ha migliorato
quella di Newton, che le nuove terapie per il trattamento dei tumori risultano
più efficaci di quelle di un decennio fa, che l’intelligenza artificiale sta
rivoluzionando l’intero panorama tecnologico moderno.
Infine è bene rimarcare che dietro alle
controversie a cui abbiamo brevemente accennato si agita uno spauracchio
allarmante alimentato da una visione aberrante della Democrazia: l’idea di
dirimere questioni scientifiche complesse ricorrendo al voto referendario.
Quello è lo scenario futuro più terribile che la deriva populista potrebbe
generare.
Pierluigi Contucci
Dipartimento di Matematica, Università di
Bologna